Quando afferriamo un pacchetto di fette biscottate dallo scaffale del supermercato, raramente ci soffermiamo a riflettere su un dettaglio cruciale: cosa si nasconde davvero dietro quell’immagine rassicurante di spighe dorate e quei richiami alla tradizione del nostro Paese? In realtà , molti prodotti che presentano graficamente elementi legati all’Italia utilizzano miscele di farine che possono includere grano importato, senza che questo emerga chiaramente dal fronte della confezione.
Il grano fantasma: origine poco visibile
Le fette biscottate occupano un posto d’onore nelle nostre dispense, considerate da molti un’alternativa pratica e leggera al pane tradizionale. La confezione, spesso decorata con colori e immagini che richiamano l’italianità , non sempre chiarisce con la stessa evidenza se il grano utilizzato sia di origine italiana, europea o extra-UE, perché per i prodotti da forno non esiste un obbligo generalizzato di indicare l’origine del grano paragonabile a quello previsto per pasta e riso.
Il grano impiegato per produrre le fette biscottate può provenire da diversi Paesi, inclusi Stati membri dell’Unione Europea e Paesi terzi, nel rispetto dei limiti di sicurezza fissati dalla normativa europea sui residui di pesticidi e contaminanti. Il problema principale, quindi, non è la provenienza estera in sé, ma l’opacità informativa quando l’origine delle materie prime non è evidenziata in modo chiaro e leggibile, rendendo più difficile per chi vuole privilegiare una determinata filiera effettuare scelte realmente consapevoli.
L’arte dell’inganno legale: claim evocativi e bandiere tricolori
Espressioni come “secondo la tradizione italiana”, “ricetta nostrana” o “dal sapore di una volta” rientrano nei cosiddetti claim evocativi: hanno funzione prevalentemente di marketing e, se non accompagnate da indicazioni specifiche sull’origine delle materie prime, non costituiscono una garanzia sull’italianità del grano o della farina. L’utilizzo di queste formule è legalmente possibile purché non induca il consumatore in un errore sostanziale, ma non impone di usare esclusivamente materie prime italiane.
Anche l’uso dei colori verde, bianco e rosso o di elementi grafici che ricordano il tricolore contribuisce a creare, a livello percettivo, un collegamento con l’Italia, pur senza costituire, da solo, una certificazione di origine. Questa forma di italian sounding interno, cioè applicata a prodotti effettivamente realizzati in stabilimenti italiani ma con materie prime anche estere, è considerata particolarmente insidiosa dalle associazioni dei consumatori, perché sfrutta meccanismi psicologici che possono ridurre l’attenzione alla lettura accurata dell’etichetta.
Dove cercare le informazioni realmente utili
La normativa europea e italiana impone l’indicazione dell’origine del grano per pasta di semola di grano duro e per il riso, mentre per molti prodotti da forno, tra cui le fette biscottate, l’indicazione dell’origine del grano è più limitata e spesso subordinata all’uso di determinate indicazioni volontarie in etichetta. Quando presenti, queste informazioni si trovano di solito sul retro o sul fianco della confezione, tra elenco ingredienti e dati nutrizionali, in caratteri meno evidenti rispetto ai claim frontali.
Un consumatore attento dovrebbe verificare la presenza di diciture chiare come “grano 100% italiano” o “farina di grano tenero italiano”, che comportano, se veritiere, un vincolo reale sulla provenienza della materia prima. Altrettanto importanti sono le eventuali certificazioni di filiera rilasciate da organismi terzi riconosciuti e l’indicazione del Paese o dei Paesi di origine del grano, quando riportata, che permette di distinguere tra miscele UE ed extra-UE. Fondamentale è anche saper distinguere tra diciture come “prodotto in Italia”, che riguardano il luogo di trasformazione, e indicazioni specifiche sul “grano italiano” o “ingredienti di origine italiana”.

Qualità del grano: non tutti i chicchi sono uguali
Oltre al tema identitario, esiste un aspetto qualitativo e di sicurezza da valutare con attenzione. Il grano proveniente da aree climatiche e sistemi agricoli diversi può presentare variazioni nel contenuto di proteine, nella presenza di micotossine e nei residui di fitofarmaci, motivo per cui l’Unione Europea stabilisce limiti massimi di residui e controlli ufficiali sulle partite importate e commercializzate sul mercato interno. Le differenze nei disciplinari nazionali sull’uso di fitofarmaci e nelle pratiche agronomiche possono influenzare il tipo e la quantità di trattamenti effettuati in campo, pur restando entro i limiti legali al momento dell’immissione sul mercato.
In alcuni Paesi extra-UE sono consentite pratiche come l’uso di determinati erbicidi in fasi prossime alla raccolta, mentre in Europa queste modalità possono essere più restrittive o vietate a seconda della sostanza attiva, secondo le decisioni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare e della Commissione europea. Chi sceglie fette biscottate pensando di fare una scelta particolarmente salutare dovrebbe quindi considerare che la qualità nutrizionale e il profilo di residui dipendono sia dall’origine e dal tipo di grano, sia dalla lavorazione industriale, e non solo dalla forma di prodotto.
Come difendersi: strumenti pratici per scelte consapevoli
Acquisire consapevolezza rappresenta il primo passo verso un consumo più responsabile. Davanti allo scaffale delle fette biscottate, vale la pena prendersi qualche minuto per leggere con attenzione l’etichetta completa, anziché basarsi solo su immagini, slogan e colori del fronte confezione. Prestare attenzione alla lista ingredienti, all’eventuale indicazione dell’origine del grano e alla presenza di diciture chiare e non ambigue aiuta a distinguere i prodotti con maggiore trasparenza da quelli che puntano principalmente sull’effetto evocativo.
È utile privilegiare prodotti che riportano in modo esplicito e leggibile la provenienza delle materie prime, evitando genericità . Prodotti con filiere certificate o con sistemi di tracciabilità comunicati in maniera verificabile rappresentano una garanzia aggiuntiva. Le etichette che non si limitano a slogan tradizionali, ma forniscono informazioni concrete su agricoltori, aree di coltivazione o standard qualitativi adottati meritano maggiore attenzione.
Il potere delle scelte quotidiane
Ogni acquisto rappresenta, di fatto, un segnale inviato alla filiera produttiva. Scegliere con continuità prodotti di aziende che comunicano con trasparenza l’origine del grano e adottano standard di qualità verificabili significa premiare modelli produttivi orientati alla tracciabilità e alla valorizzazione delle filiere agricole, sia locali sia europee. Nel medio periodo, la domanda informata può spingere i produttori a rendere più chiara l’origine delle materie prime, spesso in modo più rapido ed efficace di quanto avvenga solo attraverso nuove norme.
Le fette biscottate, prodotto apparentemente semplice e quotidiano, mostrano quanto la storia di un alimento sia fatta di scelte agricole, logistiche, industriali e comunicative. Sta ai consumatori decidere se fermarsi al packaging accattivante o pretendere etichette leggibili, informazioni verificabili e un uso non fuorviante di richiami alla tradizione. La tutela della salute, dell’ambiente e dei territori agricoli passa anche da queste attenzioni di dettaglio, ripetute giorno dopo giorno nelle corsie del supermercato. La tracciabilità completa della filiera dovrebbe essere un diritto accessibile a tutti, non un privilegio riservato a chi ha tempo e competenze per decifrare etichette criptiche.
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